Notarella su Antonio D’Orrico

Premetto che ho ammirazione e rispetto per Antonio D’Orrico. La sua recensione settimanale su “La Lettura” è una delle prime cose che leggo domenica mattina. Trovo i suoi commenti puntuali, chiari e in generale condivisibili. Ho molto apprezzato, per dirne una, le sue considerazioni su Stephen King, non solo re dell’horror ma un grande anche visto dal mio angolo. Eppure mi fanno riflettere soprattutto le sue formidabile stroncature immerse in un bagno di acido sarcastico. In queste ultime settimane i suoi giudizi negativi hanno avuto il predominio sulle critiche positive. Nel trinciarne dorrichiano sono finiti Chiara Gamberale con Adesso , Gianrico Carofiglio con Passeggeri notturni e la new entry Lisa Hilton con Maestra. Quest’ultima con l’asciutta definizione thriller ed eros da mappa del catasto. Una critica negativa senza appello, decisamente controcorrente rispetto ai trenta e più editori che hanno pubblicato e promuovo con commovente convinzione il thriller “femminista” per eccellenza, nel senso che Lisa Hilton rivendica a nome delle donne il diritto di fare sesso secondo le modalità che vogliono e consente alla sua eroina-alter ego perfino di ammazzare con ferocia non solo nemici ma anche i partner, tipo vedova nera, passandola (per ora) liscia. Un programma che molte femministe hanno già contestato con fermezza. Io stessa, ammetto, mi sono sentita a disagio leggendo certi passaggi così contrari all’etica dei gialli più consueti che chiudono quasi sempre con la punizione netta dei malvagi. Hilton, invece, per il momento salva la sua eroina. Non potrebbe fare diversamente, visto che ha firmato per tre libri e non può permettersi di cancellare impunemente la sua cattiva protagonista, ma nelle prossime puntate della saga potrebbe capovolgere la situazione.
Comunque, per tornare al punto: ammiro D’Orrico e la garibaldina costanza con la quale stronca libri che giudica cattivi (personalmente, confesso, mi sono molto appassionata a Passeggeri notturni consigliandolo e regalandolo). Ma in generale, come dicevo, apprezzo la pungente perfidia dei suoi giudizi e resto costernata quando – passando alla lista dei best seller della settimana che affianca il suo colonnino – immancabile trovo tra i titoli più venduti molti dei libri che lui ha così duramente condannato. Strana situazione davvero. Ci si può chiedere (io me lo sono chiesta e potrei non essere sola) che cosa c’è sotto. La risposta più semplice è che il giudizio del critico non corrisponde sempre alle speranze degli editori e al gusto del pubblico. O forse, sentendo di un libro tanto condannato, fa venire la voglia di vederlo più da vicino. Come se una stroncatura, oggi, valesse più di una lode sperticata. Non è forse quello che succede alle presidenziali americane, dove la critica più feroce di Trump sembra portare una valanga di consensi? Naturalmente c’è sempre una alternativa: il pubblico, e la macchina editoriale, se ne infischiano dei critici e dei loro più autorevoli giudizi. Forse il criterio di qualità conta un po’ meno di zero e l’aspirazione alla quantità dei libri da vendere chiede regole diverse. Ed è evidente che un best seller, e cioè un libro che va incontro ai desideri del pubblico, si fa strada anche in mezzo alle bombe dei critici. I meccanismi del consenso trovano altre vie….Nonostante tutto. E questo corrisponde alla celebre battuta – ci sono tre regole per ottenere un libro di successo, sfortunatamente io non ne conosco nemmeno una. Intanto si macinano libri, promozioni e giudizi a ritmi forsennati senza sapere bene dove si va a parare.
Un bel boccone da inghiottire e un grosso nodo da sciogliere.

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