Rileggendo il “Tropico” di Miller

Interessante gruppo di lettura sul “Tropico del Cancro” di Henry Miller alla Biblioteca Venezia di Milano. Già letto da quasi tutti una trentina di anni fa, riproposto da uno dei lettori, rivisitato con curiosità e giudizi degni di nota anche se irti di critiche. Tirando le somme, sembra che l’esperienza abbia lasciato più che perplessi due donne e un uomo, laddove una delle signore si dichiarava in modo particolare disgustato dal degrado della Parigi di Miller, dal sesso ostentato e dall’uso deteriore delle donne per placare i bisogni dell’organo maschile e, più in generale, dal suo stile di vita. Gli altri, me compresa, hanno comunque espresso un certo grado di soddisfazione per avere ritrovato a distanza di anni, un capolavoro ormai messo da parte dopo essere stato al centro di tanti scandali. In più modi è emersa anzi una forma di ammirazione per la forza con cui Miller si ribella alla mentalità puritana e fascista dell’America anni Trenta, per il suo pellegrinaggio a Parigi in quanto capitale culturale del mondo, per la sua voglia dichiarata di prendere i lettori per la gola e scrollarli nella speranza di costringerli ad aprire gli occhi sulla pochezza dei loro orizzonti consueti. Del resto non si può fare a meno di ammirare la lingua (mirabilmente tradotta da Luciano Bianciardi) e la cadenza da maratoneta con cui Miller porta avanti il suo ricco diario parigino. Che ha una meta dichiarata fin dalla prima pagina, quando l’autore scrive: “Questo non è un libro, nel senso abituale della parola. No, questo è un insulto prolungato, uno scaracchio in faccia all’Arte, un calcio alla Divinità, all’uomo, al Destino, al Tempo, all’Amore, alla Bellezza…”. Miller prende di petto il lettore, lo scuote, vuole fargli aprire gli occhi sulle ipocrisie della Storia, il puritanesimo e il perbenismo del mondo, e le magagne del capitalismo che tanto dolore ha provocato e provoca ancora all’inizio degli anni 30, mentre lui daccanto il suo “Tropico”. Si spiega così la sfida – audace fino all’incoscienza – che gli fece rischiare il tutto per tutto con le sue pagine erotiche troppo esplicite in un periodo in cui l’erotismo costava caro e non fruttava lauti guadagni al sistema editoriale come succede oggi, ma rischiava di finire al rogo.
Proibito negli “states”, il suo libello circolava sottobanco in poche copie affidate a librai coraggiosi. Feltrinelli lo pubblicò nel 1962 usando una tipografia svizzera con l’ammonimento che il libro era destinato al mercato estero. Solo nel 1967 fu pubblicato ufficialmente in Italia, ma la tiratura fu confiscata per ordine del Tribunale di Lodi. Finché, nel 1968, entrambi i “Tropici” (quello del Cancro e quello del Capricorno) furono giudicati “non perseguibili”. Ricordare questi semplici fatti a quasi mezzo secolo di distanza può essere un esercizio interessante oltre che utile.

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