A futura memoria

Troppo facile dire, con solenne promessa, questo evento lo ricorderò finché vivo, che si tratti di paesaggio, atmosfera, trauma, nube di tristezza o gioia. Facile ma anche, purtroppo, molto inesatto. Fidandomi della mia memoria apparentemente formidabile (almeno in gioventù), ho evitato di annotare battute e trovate dei miei ragazzi, incontri magnifici, momenti di grande spessore umano o parentesi di rabbia che avrebbero dovuto tenermi alla larga da legami insidiosi. Tanto, ho continuato a ripetermi per tenere a bada timori e rimorsi per il mio eccesso di disinvoltura, tanto “di questo” non mi dimenticherò di certo. Ovviamente non è andata così, nelle cose piccole e in quelle più grandi. E ne ho avuto proprio di recente una chiarissima dimostrazione. Giorni fa abbiamo dovuto abbattere un abete, ex albero di Natale, diventato un gigante di quasi 40 metri su uno spunzone dall’aria fragile e per di più tanto vicino alla casa da far pensare che prima o poi il gigante di legno sarebbe piombato sul tetto distruggendolo.
Pensavamo a questo taglio da anni. Io, in particolare, ero assolutamente contraria all’idea di separarmi da questa ombra silenziosa che mi figuravo gentile. Ricordavo benissimo il nostro primogenito di cinque anni, serio e impegnato, mentre scavava una grande buca con la sua paletto per piantare l’albero quarant’anni fa, affiancato dal padre munito di vanga. Li vedo ancora chiacchierare sotto voce, sento ancora la voce del padre che spiega e corregge e i commenti infantili del bambino ecc. ecc. A conti fatti questa scena è esistita solo nella mia testa. Per cominciare l’albero, a detta del boscaiolo, ha “solo” trentacinque anni. Nostro figlio era già adolescente quando l’ha piantato e ripercorrendo i suoi ricordi assicura di aver fatto tutto da solo, vagamente controllato a debita distanza dal papà.
Certo, la sostanza della storia non cambia, l’albero c’era, ci ha tenuto buona compagnia per tanti decenni e ora non c’è. E di certo la logica dei numeri nulla toglie al dispiacere di esserci separati da un pezzo della nostra vita. Fatto sta, però, che da oltre trent’anni mi tiro dietro il ricordo di una cosa che non è mai esistita. Ed è solo un esempio che mi costringe a chiedermi quante falsità ho riunito nella mia mente in una prospettiva totalmente sfocata. Questa nota, un po’ filosofica, mi porta ad altri ragionamenti. (continua)

8 Comments

  1. Stefania

    Io ho avuto un nonno che è stato in campo di concentramento.
    Non ha voluto lasciare nulla di scritto.
    Ha preferito narrare gli eventi e registrarli su audio cassette.
    La voce arriva dal cuore e dalla pancia.
    Scrivere a getto potrebbe essere lo stesso ma dovremmo costringerci a farlo subito.
    Un’emozione riportata il giorno dopo ha lo stesso significato?
    È una domanda la mia…
    Comunque Nicoletta convivono in me due donne che spesso litigano.
    Odio il mio cervello quando mi costringe a fermarmi.
    Nella mia vita nulla che ha meritato riflessione mi ha portato a un successo.
    Comunque molto bello e stimolante questo articolo.

  2. Nicoletta Sipos

    grande Paola – è vero, certi ricordi ti perseguitano (mentre altri sfuggono). Il problema è che forse sfuggono le cose buone, mentre le altre restano… a futura memoria. Continua con il diario, chissà quali tesori ti darà, magari tra venti o trent’anni!

  3. Paola

    Tutto vero e condivido. Ma vero anche il contrario. Se cerchi si dimenticare e hai scritto tutto non puoi scappare, modificare, traslare. Le parole sono le tue e rivivi tutto. La speranza, nello scrivere, era di esorcizzare, allontanare invece avvicini tutto di più, non lo lasci andare mai.
    Ma a trentotto anni suonati tengo ancora il diario, come una ragazzina, inutile dire da che parte mi schiero.

    • Stefania

      Falsità.
      Ecco la parola che mi rimane.
      La mente si sforza di conservare i ricordi migliori.
      Mettere nero su bianco la verità può essere utile. Io ho fondato un forum e di parole, memorie e pensieri che rimangono nel tempo ne sono portavoce.
      Mi è capitato di rileggermi. Le parole, almeno le mie, non risiedono nella mente ma nella pancia. Nel cuore e difficilmente il cuore inganna.
      La mente, la mia, mi condanna sempre a commettere errori.
      Se più genericamente pensiamo che il ricordo possa essere ingannevole le emozioni, il sentire, il percepire difficilmente può esserlo.
      Una gioia intensa o un dolore forte rimangono stampati e non necessitano appunti.
      Ciò che rimane di quel giorno è la foto di una famiglia. Il ricordo amorevole di una mamma. Il sentimento di tenerezza.

      • Nicoletta Sipos

        Grazie di queste riflessioni, Stefania mia. Un po’ mi stupisci: ho sempre pensato che in te cuore e raziocinio fossero magicamente collegati e non mi sono mai immaginata che la tua mente si cattiva consigliera. Comunque il tuo forum, la tua associazione vengono dalla pancia, dall’emozione, dalla volontà di cambiare le cose. Ed è ben vero che vale la pena di esaminare da vicino su queste “sottigliezze” che possono cambiare la vita e il giudizio di sé e del mondo…

  4. Stefania

    Come sempre leggo il tuo blog con grande interesse.
    Come sempre mi dai spunti sui quali riflettere.
    Oggi quello che hai pubblicato é in grande sintonia con la mia testa e le mie emozioni.
    Cuore e mente che viaggiano spesso slegate.
    Un’istintiva come fa fatica spesso a cedere alla testa che molte volte è cattiva consigliera.
    Memorie e falsità.
    Ciò che la ragione vuole ricordare e ciò che rimane dentro di te.
    Potremmo parlarne per ore!

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