Cos’è mai la buona lettura?

Ieri mattina abbiamo avuto con noi un nipotino di 9 anni che da diversi mesi ormai si è scoperto lettore accanitissimo grazie alla saga di Percy Jackson ora molto di moda tra i minori. Ha letto anche in casa nostra, naturalmente: prima seduto sul divano più corto, poi sdraiato sui cuscini, da ultimo in equilibrio precario sulla spalliera del divano più lungo, una prodezza anche per un ragazzino smilzo e agile. Mi ha ricordato, all’improvviso, le emozioni che provavo io da bambina quando leggevo nella nostra casa di allora, in Ungheria. Anch’io cambiavo posizione di continuo, spinta dalla paura per la sorte dei personaggi e dall’impazienza di scoprire che fine facevano. Ricordo in particolare un certo libro sulle avventure di due piccoli minatori chiusi in una miniera della perfida Inghilterra capitalistica, a rischio di morire per mille motivi diversi. Nell’Ungheria anni Quaranta, di stretta osservanza comunista, il realismo (non so fino a che punto reale) di certe storie era molto popolare, soprattutto per plasmare l’educazione dei più giovani. Io di propaganda non sapevo niente, ovviamente, e subito il fascino di quei libri, vagamente consolata dai miei genitori che ne smontavano il messaggio più feroce, se pure con prudenza per non passare da sovversivi. Comunque, tornando al tema – cioè all’esperienza dell’altro giorno con mio nipote – dopo due ore di lettura appassionata, mentre ci preparavamo a uscire per una commissione – ci ha comunicato con giustificata fierezza di avere letto più di venti pagine. Evidentemente non sazio, ha continuato a leggere durante la trasferta in auto e nei momenti di pausa tra un’incombenza e l’altra.
Vorrei tanto ritrovare una capacità di lettura del genere, forte come una febbre perniciosa, irresistibile come una calamita. Più ancora, mi piacerebbe un mondo scrivere un libro tanto forte da affascinare proprio così i lettori. Inoltre, ciliegina sulla torta, mi secca un mondo che siano altri, stranieri, ad attingere con questa potenza alla cultura mediterranea. Per tutti gli dei dell’Olimpo: la scuola italiana dei miei tempi ci ha nutrito di miti meravigliosi, ai bambini della mia generazione ha fatto inghiottire palate di greco e latino, ci ha costretto a memorizzare chili di poesie ecc. ecc. — eppure è toccata a un autore americano la modernizzazione fantasiosa delle vicende delle divinità greche sotto forma di bestseller mondiale. A noi tocca, invece, la libertà di rimpiangere una mancanza di creatività e/o di lasciarci rosicare dall’invidia.

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