La verità, vi prego, sulla Grande Guerra

Paolo Rumiz, giornalista triestino, viaggiatore a caccia di storie, apre una pagina dimenticata della Grande guerra, sulle tracce di quei centomila italiani di Trento e Trieste che erano allora cittadini austriaci, furono chiamati alle armi già nel 1914 e finirono in Galizia a combattere i russi.

«I nonni cancellati» li chiama Rumiz nel suo Come cavalli che dormono in piedi (Feltrinelli pagg. 266, E. 18,00) mettendo in luce i limiti del famoso irredentismo, la spesso citata lotta della gente di Trento e Trieste per essere inglobata nella patria italiana, abbandonando l’impero absburgico. Un desiderio fatale, non universalmente condiviso come ci hanno fatto credere certi vecchi testi scolastici. Rivelatore è lo scambio di battute tra un tenente italiano che durante una perlustrazione chiede a un contadino dove sia il “nemico” (ovviamente austriaco). Al che l’uomo risponde: «Ma veramente, signor tenente, qui il nemico siete voi.» Non sono cose da dimenticare mentre, bene o male, continuano le celebrazioni della prima guerra mondiale. Ripropongo l’intervista a Paolo Rumiz apparsa su “Chi” perché ritengo che sia importante conoscere la verità sul per capire il presente e, forse, anticipare il futuro.
Domanda. Com’è arrivato a questo libro?
Risposta. «Volevo fare un viaggio sui diversi fronti europei, ma la Galizia mi ha coinvolto più del fronte occidentale. Così mi sono concentrato sul fronte orientale, dove sono morti oltre due milioni di soldati, tagliando il resto».
D. Il suo resoconto suscita emozioni forti…
R. «Ho viaggiato tra le ombre dei morti evocando
il passato e rileggendo la Storia presente nell’ottica
degli imperi che sono stati così rabbiosamente
dissolti dopo la prima guerra mondiale. Con più
tempo a disposizione avrei scritto in versi».
D. La grande guerra ha cambiato i confini…
R. «E ha creato i presupposti della seconda guerra. Ma Il tempo dei conflitti non è finito, come rivelano l’Ucraina e il Medioriente…La pace non è scritta nel nostro DNA».
D. Nel 1914 nessuno credeva alla guerra…
R. «C’era un clima di generale irresponsabilità molto simile a quello di oggi».
D. Nell’Europa del 1914 si viaggiava senza passaporti. C’era più libertà?
R. «L’impero era repressivo, ma oggi le spese sono monitorate, i telefoni controllati, telecamere nascoste registrano ogni mossa».
D. È lecito avere nostalgia del passato?
R. «Ogni epoca sembra bella quando la si giudica dopo una catastrofe. Anche l’impero aveva le sue fragilità. Le istituzioni erano equilibrate in teoria, ma nella vita quotidiana le minoranze subivano continue umiliazioni».
D. Tuttavia Trieste
R. «Un tempo era il centro dell’Europa, oggi è quasi cancellata dalle mappe. Viene quasi il dubbio che l’Italia l’abbia voluta per togliere di mezzo un potente rivale. Certo i triestini avrebbero dovuto difendere meglio i loro diritti, ma due guerre, il fascismo e la guerra fredda hanno favorito vecchi rancori impedendo che si formasse un fronte compatto. Si è soprattutto dimenticato che Trieste è sempre stata un punto d’incontro e dialogo e che deve restare fedele al suo destino».

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