La nostra memoria

Negli incontri su “La guerra di H” (Piemme) – la saga di una famiglia tedesca tra nazismo, guerra e il tragico dopoguerra con la cosiddetta denazificazione e della Germania – mi sento obiettare che la Germania ha dovuto lavorare sodo per staccarsi dall’eredità del Reich, subita per dodici anni in silenzio. Dopo tutto, mi viene ricordato, il Belpaese si è riscattato dal fascismo grazie al sacrificio dei partigiani mentre la Germania non ha avuto una vera Resistenza.In effetti di Resistenza a Hitler si parla poco, considerandola limitata a poche azioni coraggiose ma inconcludenti, limitate a pochi eroi  come Claus von Stauffenberg, la mente dell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944, fallito con la complicità della sfortuna. Resta la sottile convinzione che i cospiratori fossero pochi audaci, in realtà quell’attentato costò la vita a più di duecento antinazisti.

In realtà l’opposizione a Hitler cominciò già nel 1933, subito dopo la nomina a cancelliere del Führer, e  coinvolse oltre ai militari anche ambienti della politica, della religione, dell’aristocrazia assieme a movimenti operai e reti di spionaggio (Vedi Orchestra rossa). Tra il 1933 e il 1939 oltre 250 mila persone furono condannate a morte e almeno un milione finì nei campi di concentramento. Lo ricordo per doverosa onestà storica, pur ammettendo che la rivolta sotterranea riguardò una piccola frangia di una popolazione di circa 80 milioni di individui, con una larga maggioranza di complici entusiasti o prudentemente silenziosi. Masi tratta di una frangia che non possiamo ignorare.

Quanto all’Italia merita davvero un premio per il suo comportamento durante il ventennio? E più ancora: abbiamo definitivamente voltato pagina? Abbiamo davvero rimediato alle troppe malefatte del regime noi che vediamo ancora celebrati i compleanni di Mussolini a Predappio. Noi che a certe cerimonie pubbliche restiamo sorpresi da braccia alzate nel saluto fascista. Noi che – leggo sul Corriere di oggi – scopriamo simbolicamente reintegrati nel CAI i discendenti degli alpinisti ebrei espulsi a causa delle leggi razziali del 1938. Un  pentimento ottant’anni dopo: lodevole benché tardivo, va riconosciuto, sempre per oggettività. E quanto ci resta ancora da fare?

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