Parola d’ordine: razionalizzare

Il 2022 è finito, largo al 2023. Banale a dirsi, un po’ meno banale da realizzare. Ora si tratta di sistemare libri pervasivi, ricevute, promemoria per l’anno nuovo. Ma si tratta, soprattutto, di impostare un programma (vedremo poi di cosa) per il libro nuovo. Scritto d’impeto, nei mesi più duri in assoluto della mia vita, con l’impegno massacrante imparato da mia madre. Un libro che condensa gran parte della mia vita, che avrei voluto scrivere con mio marito, un nobile proposito che la malattia di lui ci ha  vietato aggiungendo rabbia al dolore. Ma il libro c’è. Si intitola La guerra di H, un titolo che nella sua semplicità potrebbe richiedere un minimo di spiegazione. L’editore è Piemme (lo stesso che ha pubblicato La ragazza col cappotto rosso) e ancora una volta la mia editor di riferimento è Francesca Lang. Esce il 17 gennaio, ma è prenotabile fin da ora su Amazon.

Racconta le vicende della Germania tra il 1938 al 1956 – il nazismo, la guerra, la sconfitta, la catastrofe, la fame, il freddo – con la voce di un ragazzo nato nel 1931. Uno che quella storia l’ha subita da innocente, come milioni di altri tedeschi che non erano nazisti, o persecutori convinti, ma non hanno osato opporsi attivamente perché, da semplici pedine, erano frastornati da gaslighting, la parola più significativa del 2022 a quanto pare, che sta per una narrazione manipolata, ferocemente fuorviante della realtà con fake news o deep fake. Un errore – una colpa, una responsabilità – pagata a caro prezzo. Perché se è vero che Hitler ha portato morte, distruzione, ingiustizia e dolore a non finire a milioni di europei – ebrei, zingari, omosessuali, oppositori politici ecc. ecc. – resta altrettanto vero che ha offeso e devastato il suo stesso paese, la sua stessa gente, trascinando tutti in una catastrofe senza fine.

Questo è il cuore della mia storia. Poco raccontata finora, perché nulla doveva giustificare – e perdonare – le colpe della Germania. E nulla doveva mitigare l’espiazione dei suoi peccati.

Partiamo da qui. 

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