Robert Harris: un giornalista con la vocazione dei best seller

I giornalisti che pubblicano dei libri sono spesso presi con le pinze nel Belpaese. «Siamo palombari-ciclisti», mi ha detto anni fa, con spiritosa definizione, l’amica giornalista e scrittrice Elena Mora. Robert Harris, autore di successi internazionali come Fatherland ed Enigma, dice la sua. Ne abbiamo parlato durante la sua recente visita in Italia per la presentazione del nuovo best seller L’indice della paura (Mondadori): storia di un sofisticato software che sa giocare in borsa come pochi, guadagnando miliardi, ma un giorno comincia a sfuggire al controllo del suo geniale creatore. Un tema di straordinaria attualità con quello che succede oggi nell’alta finanza internazionale, che Harris trasforma in un thriller di sicura presa. Per intenderci: la Fox ne ha comprato i diritti cinematografici prima che il romanzo fosse finito.
Gli ho chiesto come valuta il suo passato di giornalista per la BBC e notista politico per “The Guardian”. Ecco la sua risposta: «È la mia forza. Da giornalista trovo sempre spunti interessanti da approfondire, so ritrovare le persone giuste che potranno darmi spiegazioni e so porre le domande giuste per sviscerare un argomento».
Quali problemi ha avuto passando dalla stesura di articoli al romanzo? «Nessun problema. Molto semplicemente, mentre scrivevo mio libro non fiction sui falsi diari di Hitler ho cominciato a chiedermi come sarebbe stato il mondo se Hitler avesse, alla fine perduto la guerra. Così è nato Fatherland e sono nato io come romanziere. Il lavoro in redazione è stato una buona palestra. In Inghilterra, per fortuna, non ci sono pregiudizi sui giornalisti che decidono di tentare la sorte come scrittori. Non potremmo averne, visto che molti nostri classici hanno fatto questo percorso. A cominciare da Dickens, che era cronista parlamentare. Il fatto che uno scrittore debba essere un sognatore a tempo pieno, chiuso nella sua torre d’avorio lontano dalle sozzure del mondo non è una regola assoluta e invalicabile».
Certo Harris non è rarefatto maestro di stile, ma “solo” un autore di successo che può essere facilmente etichettato commerciale-banale. Quanto può valere il suo giudizio agli occhi dei puristi nostrani?

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