Un incontro con Erica Jong

Nel 1973 ha risvegliato le donne di mezzo mondo affrontando i tabu del sesso con Paura di volare. Ora, a settant’anni, racconta la storia di tante coetanee schiacciate tra genitori anziani e figlie con bambini piccoli, che non vogliono rinunciare alla loro femminilità. Questo è il filo conduttore di Donna felicemente sposata cerca uomo felicemente sposato (Bompiani, trad. Vincenzo Vega, pagg. 274, E. 18.50). Un romanzo che molti critici americani definiscono già un “capolavoro”. E altri preferirebbero dimenticare. Perché, ancora una volta, Erica Jong suscita sentimenti forti d’ amore e di avversione.
Domanda. Ha avuto coraggio a scegliere come protagonista una donna matura…
Risposta. «Cerco di dare visibilità alle donne sfiorite che non interessando più agli uomini diventano a tutti gli effetti invisibili».
D. Invisibili…Non è una parola troppo forte?
R. «È la verità. Un uomo di cento anni conserva il suo fascino, mentre passati i sessanta, le donne sono ignorate. Eppure hanno davanti uno stralcio di vita pieno di possibilità».
D. Il femminismo ha fallito?
R. «Il femminismo è vivo e dinamico».
D. Molti giornali sostengono che è morto…
R. «Guai a credere a tutto ciò che legge. I giornali vanno a caccia di scandali. Io ne so qualcosa, sono stata la prima vittima di certe cronache indiscrete».
D. Mi permetta di difendere la categoria dei giornalisti ricordando che è stata lei stessa a offrire materiale per scandali svelando certe imprese sue e dei suoi cari…
R. «Tutti gli scrittori attingono alle loro esperienze, perfino gli autori di fantascienza come Clark. Nel mio corso di scrittura insegno come si deve raccontare la vita».
D. Dove tiene questo corso?
R. «In una spa messicana. Ho molti allievi. Tutti vogliono sapere cosa devono dire e cosa conviene tralasciare».
D. Mi piacerebbe assistere, una volta. Vorrei capire, per esempio, l’arte di raccontare con un sorriso gli episodi più drammatici, proprio come fa lei… Ma temo che la sua sia una dote naturale.
R. «Non tocca a me dirlo, ma ne sono fiera. Sa che tra i miei fan c’è anche Woody Allen? Non voleva leggere quest’ultimo libro, in qualche modo l’ho costretto e fortunatamente gli è piaciuto».
D. Lei si permette di ridere di incontri amorosi falliti e malattie, ma è serissima quando parla dei nipoti…
R. «Quando ho avuto mia figlia ero sempre di corsa, e non sono riuscita a seguirla come avrei desiderato. Adesso, però, voglio godermi i nipoti. Ho messo nove anni a finire il libro perché ho preferito lasciare il lavoro in sospeso e stare con i miei piccoli. Al diavolo l’editoria, mi sono detta».
D. Anche se l’editoria le ha dato tanto?
R. «Oggi gli editori pensano solo far quattrini e dimenticano la verità che conta di più. Non ci si arricchisce con i libri, per guadagnare davvero bisogna fare altro. Per esempio, creare un’app per computer. È il miglior consiglio che posso dare a giovani scrittori e a tutti gli editori».
D. Qual è il miglior consiglio che lei ha ricevuto?
R. «Me l’ha dato quarant’anni fa il mio editore di allora. Avevo pubblicato due libri di poesie e lui mi ha chiesto un romanzo. Io stavo lavorando alla vita di un poeta, ma lui l’ha prontamente bocciata. “Non abbiamo bisogno di un finto uomo”, mi ha detto “parla da donna”. È nato così Paura di volare».

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